Femminicidio e menzogna, il falso allarmismo che rovina un paese

 

 

Il femminicidio è uno dei temi più strumentalizzati dalla propaganda femminista, una delle armi più funzionali alla creazione di quell’allarmismo volto a rafforzare una percezione negativa del maschile, percezione che porta a rappresentare gli uomini quali esseri predisposti (sia naturalmente che culturalmente) alla violenza e all’oppressione. A detta dei media, il nostro paese dovrebbe essere letteralmente addobbato con budella di donne: qualsiasi essere umano di sesso femminile dovrebbe guardarsi costantemente le spalle, in quanto rischierebbe di essere ucciso da un essere umano di sesso maschile. E ciò non tanto per criminalità generica, quanto per una serie di sovrastrutture culturali che porterebbero l’uomo a considerare la donna come un oggetto del quale disporre liberamente, fino a levargli la vita. Ed è così che i titoli di giornale ci martellano da anni con la storia della donna uccisa ogni due giorni (dato mai costante, una volta è ogni giorno, un’altra è ogni 72 ore e via dicendo..), come ad esempio possiamo vedere da questo titolo del messaggero.

 

La definizione di Femminicidio dispone però di scarsa concretezza ed accentuata impalpabilità, secondo le enciclopedie si definisce femminicidio: “Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”. Ma passare da questa definizione al suo concreto riscontro nei singoli casi di omicidio non sembra essere cosa semplice. La tendenza più comune è quella di individuare l’azione di queste “sovrastrutture patriarcali” negli omicidi passionali e di gelosia, laddove il partner maschile agirebbe violentemente a causa della non accettazione e del possesso (con buona pace dei casi diametralmente opposti, dove è la donna ad agire violentemente, che esistono ma ai quali viene riconosciuto il movente psicologico invece che quello sovrastruttural-culturale).

Nella puntata di Radio Londra intitolata “Femminicidio, analisi di una mistificazione” e condotta da Davide Stasi, Fabio Nestola analizza e offre una panoramica chiarificante per quanto concerne sia il femminicidio in Italia, che la sua identificazione e classificazione caso per caso. Nestola spiega che il report annuale è ad opera della Polizia di stato, si chiama “questo non è amore” e viene pubblicato ogni ottobre (a ridosso del 25 novembre, giornata della violenza sulle donne). Esso rappresenta la fonte sulla quale si appoggerebbero i vari titoli allarmistici dei media. Nell’arco della puntata, Nestola racconta una moltitudine di incongruenze che emergono dall’analisi del report della polizia di stato del 2018, una di queste (la prima e fondante delle altre) ha particolare dissonanza: riguarda una precisazione che la polizia stessa è costretta a fare, ossia la distinzione tra le donne vittime di generico omicidio volontario (che nella fattispecie sono 94) e le donne vittime di femminicidio propriamente detto (che sono invece 32).

 

 

Fare due più due non è poi tanto difficile, se si guarda il titolo allarmistico del messaggero, che sosteneva una donna morta per femminicidio ogni 72 ore nel 2018, e lo si confronta con i dati che il report della polizia di stato offre, si potrà ben notare che 32 femminicidi in un anno non possono offrire quella media. Viene naturale che il numero usato nella fattispecie dal giornalista sia stato quello degli omicidi volontari totali (e che sia stato spacciato per il numero di femminicidi).
A dirla tutta poi, queste precisazioni sarebbero quasi inutili: bisogna sempre considerare che, anche se i femminicidi fossero stati 94, un dato del genere non giustificherebbe comunque tutta questa attenzione, non in un paese di sessanta milioni di abitanti, dove già solo il primo trimestre dei dati inail sulle morti bianche nel 2020 vede 166 vittime e dove la media di morti per incidenti stradali è di 9 decessi al giorno. Ma il mainstream ideologico è quello che è e l’obiettivo rimane sempre lo stesso: avere masse che rispondono di pancia a falsi pericoli, che in fondo è, è sempre stato e sempre sarà, il miglior metodo di controllo delle masse (almeno finché non esplodono).